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Il sistema dei mercati storici a Palermo

Anna Cottone

La città di Palermo deve le sue origini e il suo sviluppo alla sua posizione geografica nel Mediterraneo. Da sempre, luogo d’interesse strategico delle vie commerciali marittime, conserva, in virtù di questa sua storica vocazione, una sua peculiare identità legata alla presenza nel tessuto urbano degli antichi mercati, che benché ormai modificati, (e per le vicende urbanistiche cui ogni città è soggetta nel tempo, e per il mutare dei processi produttivi e dei sistemi di vendita come supermercati, ipermercati….), mantengono tutt’oggi un ruolo prioritario, non solo per commercio al minuto dei prodotti alimentari locali (carne, pesce, pane, frutta, verdure, dolci), ma anche per la stessa vivibilità e fruibilità della città. Nonostante il degrado e l’abbandono urbanistico che li contraddistingue, rimangono, infatti, le uniche arterie pedonali del Centro Storico di Palermo. Qui, banconi, tende, mercanzia, da sempre occupano il suolo pubblico, impedendo, almeno di giorno, alle macchine di entrare. Qui nonostante “balate” scivolose, buchi, e immondizia, si entra in un’altra Palermo, frequentata più dai turisti e dagli extracomunitari, che dai palermitani che la invadono prevalentemente per la movida notturna.

 I mercati storici di Palermo costituiscono, a dispetto di una mobilità caotica che contraddistingue, ahimé, tutta la città, un vero e proprio sistema pedonale e commerciale interrotto dai tagli urbanistici operati, nel Seicento, dalla via Maqueda, e nell’Ottocento, dalla via Roma. Tale sistema non s’identifica solo con gli spazi degli storici mercati alimentari del Capo, di Ballarò e della Vucciria (alcuni di essi definiti di “Foglia” dove si vendevano solo le verdure, altri di “Grascia”, in cui si vendevano tutti i prodotti) ma s’integra a quello di altre strade come la Via Bandiera, o via Sant’Agostino, (che nel tempo, da “mercati di grascia”, si sono trasformati in mercati di abbigliamento e tessuti), sviluppando a un vero e proprio suk arabo impermeabile alla motorizzazione.

 A questo stesso sistema fino ai primi del Novecento appartenevano anche i mercati ormai scomparsi, della Fieravecchia (piazza Rivoluzione), di via Alessandro Paternostro e della Loggia (Piazza Garrafello) dove i mercanti delle “nazioni estere” (amalfitani, genovesi, pisani e catalani) svolgevano la loro attività commerciale.

La mappa di questo sistema è raffigurabile oggi in un itinerario che partendo dal Capo, (Via Porta Carini) passa da Piazza Beati Paoli, scende lungo via sant'Agostino (dove nel ‘400 fu trasferito il Macellum-Bocceria Nuova che si trovava nella Bocceria Grande - attuale Vucciria, che diventò così esclusivamente un Mercato di Foglia), attraversa la via Maqueda, percorre la via Bandiera, attraversa la via Roma, arriva a Piazza San Domenico e s'inoltra nella discesa dei Maccherronai fino a Piazza Caracciolo( cuore dellaVucciria), si dirama verso piazza Garraffello (Mercati della Loggia), attraversa Corso Vittorio Emanuele, percorre via Alessandro Paternostro (dove un tempo pullulavano gli artigiani di oggetti in cu0io e pelle, strumenti musicali a corda, selle e finimenti per cavalli, e carrozze,) risale per Piazza Fieravecchia, antico mercato del Quartier Kalsa, dove probabilmente si teneva un mercato della vendita di cavalli (oggi piazza Rivoluzione), e continua, superando l’attuale via Roma, per via Divisi e via del Bosco  ricongiungendosi alla Piazza del Carmine e Ballarò.

 Il ruolo dei mercati a Palermo, come in ogni altra città, non si ferma, comunque e soltanto alla pura dimensione economica del commercio. I mercati, infatti, sono soprattutto luoghi di relazioni, perché, come sostengono gli antropologi, “scambiare beni materiali significa anche scambiare beni immateriali: parole e idee, usi e costumi.” (Buttitta)

Ed è questo ruolo culturale che ha permesso a questi mercati, e allo stesso Centro storico di Palermo, di sopravvivere nonostante il degrado.

E’ per questa dimensione culturale che è difficile che i mercati si spostino dal luogo di origine in cui sono formati. Lo asserisce con sicurezza Rosario La Duca nel suo documentato e affascinante testo “I mercati di Palermo” edito da Sellerio nel 1994. Perché un mercato storico si sposti, devono intervenire rilevanti operazioni di demolizione, come ad esempio, quell’effettuata nel 1930 sul quartiere della Conceria (dove si conciavano le pelli degli animali) e sul limitrofo mercato della Bocceria Nuova, nella cui area ricade oggi l’esiguo mercato di Piazza Venezia.

Antichi e fortemente radicati nei luoghi in cui si sono formati, sono: il mercato del Capo (Mandamento Monte di Pietà) e quello di Ballarò, (quartiere dell’Albergheria nel Mandamento Palazzo Reale). Ambedue risalgono al periodo della dominazione araba, durante il quale la vecchia città punica - romana e bizantina si espande oltre le vecchie mura della Paleopoli.

Il Capo, prende il nome da Caput Seralcadi, parte superiore del quartiere degli Schiavoni, situata a settentrione della “Città vecchia” oltre il fiume Papireto; Ballarò, dall’etimologia incerta e fantasiosa,( tra gli storici c’è chi sostiene che il nome Balhara sia il titolo di un principe indiano che governava il luogo di provenienza delle mercanzie e spezie che nel mercato si vendevano ) , era situato nella parte meridionale  tra il “Quartier nuovo”(Harat-al- Gadidah, oggi  Albergheria) e la Moschea di Ibn Siqlab.  In questi due mercati si vendevano  principalmente prodotti ortofrutticoli, spezie e granaglie. L e botteghe di carne e le macellerie si trovavano tutte nel Cassaro. Fu durante la dominazione angioina nel 1300 che fuori dal Cassaro, è impiantato un nuovo Mercato del Macello chiamato della Bocceria Grande (da Bouscherì) da cui Vucciria che in siciliano è sinonimo di confusione. Il mercato  sorge davanti  Porta del mare sull’interramento del grande porto di Palermo provocato dei due corsi d’acqua, il Papireto e il Kemonia, che cingevano l’antica Paleopoli. Nel 400 la sua piazza principale diventa il fulcro di quel sistema dei mercati che arriva fini ai nostri giorni con il nome del  Vicerè Caracciolo che nel Settecento la ridisegnò e abbellì con portici tutti a giro,(oggi scomparsi) eliminando pensiline e banconi di vendita.

La resistenza a rimanere nei luoghi di origine di questi antichi mercati, è confermata dall’ostilità con cui   vennero  accolte la realizzazione di  nuovi mercati nell’Ottocento che, contrariamente al resto dell’Europa, non  hanno avuto fortuna a Palermo. Il Comune, allineandosi alle norme igieniche e di decoro del periodo, realizza, in alcune aree urbane, anche fuori dal vecchio centro storico, delle strutture metalliche in cui  venivano concentrate le attività degli storici mercati.

Benché, foto e disegni, ci mostrino strutture di raffinata eleganza (progetto di Damiani Almeyda) questi mercati, come scrive La Duca, furono totalmente ignorati dai palermitani e demoliti dopo qualche anno.

Alla permanenza degli storici “mercati della grascia”, fanno da contraltare la sparizione di tanti altri piccoli mercati come ad esempio quelli del pesce. Uno di questi, si trovava alla Kalsa “nella marina di Porta Felice”, nei pressi della Porta dei Greci; un altro ancora, detto Pescheria alla Cala, si trovava fuori dalla Porta della Dogana e la sua esistenza è documentata da una bellissima litografia del 1832 che ci restituisce una Palermo eterea e incantata.

Sono scomparse anche dal Centro Storico di Palermo tutte quelle attività artigiane che creavano un tessuto produttivo / commerciale diffuso e reticolare che per la sua dimensione multiculturale dava identità a chi lo abitava. Di questo ricco tessuto rimane memoria solo nella  toponomastica. Un elenco lunghissimo di attività  che ognuno  può divertirsi a verificare, come ad esempio la strada dei Cassari (dove si costruivano casse, scale, remi), la strada dei Chiavettieri, dei Chitarrai, dei Chiodai, dei Coltellieri, dei Cintorinai, dei Frangiai, dei Lettighieri, dei Lampionelli, dei Maccherronai, dei Materassai, dei Pannieri, dei Saponari, degli Scopari, dei Tintori, ecc… ecc…. ecc..... Questo reticolo di nomi e di attività ormai scomparse ci mostra un Centro storico, ricco e vivace, nei suoi mercati e nelle sue attività produttive, un luogo, dove convivevano più culture e saperi;  ma nonostante la loro estinzione il Centro Storico di Palermo ancora oggi si conferma, per altre strade, come luogo di multiculturalità linguistica e di costumi, luogo in cui si sono consolidate nel tempo tutte le comunità straniere che pacificamente convivono con i pochi vecchi abitanti e  che hanno fortemente contribuito a mantenerlo  ancora in vita.

                                                                 

 

BALLARO' Antico mercato arabo di Palermo. In fondo la cupola della chiesa del Carmine

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 CAPO

​ BALLARO'

 VUCCIRIA

Il sistema dei mercati del Centro Storico di Palermo delinea un'itinerario che ricalca  i confini dell'antica paleopoli. Infatti la loro attuale posizione  si trova esattamente  nel luogo in cui si sono generati durante il periodo arabo (Ballarò e Capo) e il '300(Vucciria) generando l' espansione   fuori le antiche mura puniche

 La Vucciria

Il mercato della Vucciria  dipinto  da Renato Guttuso nel 1974  e stato donato  dall'artista all'Università di Palermo, la cui sede è nello storico palazzo Chiaramonte (STERI )a Piazza Marina.

dimensioni 3x3m

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